L’arrivo a Varanasi
“Per caso ti sei posta una domanda prima di partire?” Questo è stato il primo interrogativo che mi è stato rivolto appena ho incontrato altri viaggiatori nell’ostello di Varanasi.
La ragazza dagli occhi neri mi osservava attentamente, sicura di ricevere una risposta profonda e piena di significato.
Io sprofondai ancora di più nel sofà scarlatto e ammisi di non aver indagato nessun dubbio interiore, figuriamoci spirituale. Nascosi il viso dietro la tazza di chai
e ne bevvi un sorso. La stanchezza si faceva sentire, era notte fonda, io e Dario eravamo arrivati da una manciata di ore. Le sue riflessioni sui massimi sistemi della vita mi stavano persino irritando.
Con la scusa del jet lag me ne andai in camera e avvolgendomi tra le lenzuola, non troppo pulite, pensai a quanto fosse stupida quella domanda. Perché mai una sconosciuta avrebbe dovuto chiedermi qualcosa di così personale? Io ero partita con una semplice curiosità da turista. Non ero in India per fare yoga, meditazione e di sicuro non ero andata in India per trovare me stessa!
Ma il sonno si infilò nei miei pensieri e crollai a dormire.
Per le vie di Varanasi
Nei giorni successivi mi catapultai in un mondo davvero singolare, le strade di Varanasi sono strettissime e formano un labirinto dove è facile perdersi. La maglietta si bagnava per via dell’umidità e bisognava quasi trattenere il respiro in alcuni snodi della strada, dove gli odori diventavano sempre più acri.
Non c’è da sorprendersi, nelle strade è facile trovare mucche, cani randagi, topi e persino scimmie…come potrebbe essere pulita la città?
Guardando verso l’alto era facile scoprire quanti bambini giocavano sui tetti delle case, lanciavano quel loro piccolo aquilone scuro. Il cielo si riempiva di francobolli neri, che si stagliavano cupi sul cielo grigio di Varanasi eppure raccontavano l’allegria dei più piccoli.
Varanasi è proprio come quegli aquiloni, è tetra e allegra allo stesso tempo.
La distruzione non è un concetto negativo
La gente che crede nell’induismo si riversa in questa città sacra per venire a morire. Chi trapassa a Varanasi e viene cremato qui interrompe il Samsara, il ciclo delle reincarnazioni e raggiunge la serenità eterna. La distruzione e la morte non sono aspetti negativi della vita, rappresentano semplicemente un nuovo inizio. Sui volti della gente vedevo la sofferenza dei lutti, ma la compostezza di chi sa di essere testimone di una grande trasformazione.
La musica sacra e i rituali scandiscono il tempo di Varanasi, all’alba e al tramonto tutta la città si ferma per celebrare la dea Ganga, ovvero il fiume Gange. Questi eventi sono gioiosi, la gente si accalca nei ghat, le scalinate che si gettano nel fiume, per cantare tutti insieme, per fare le offerte al Gange e per eseguire le loro abluzioni di purificazione.
Io che non ho mai creduto a un dio ho osservato i canti con estremo distacco, ma le emozioni delle persone sono arrivate fino a me come un’onda che prima si allontana e poi si infrange con forza senza chiedere permesso. Stordita dal tintinnare dei campanelli e dal profondo vibrare delle conchiglie suonate dai sacerdoti, mi allontanai dal ghat per riprendere il viaggio.
Un sorso di chai
Da allora, però, la mia visione dell’India cambiò leggermente. Un passo dopo l’altro, facendo lo slalom tra gli escrementi delle mucche, mi resi conto di non innervosirmi più come i primi giorni. Feci sempre più caso al profumo del chai speziato e degli incensi accesi nelle case, le loro fragranze sovrastavano il tanfo delle vie. Sentivo che non era un semplice caso, qualcuno voleva farmi un regalo.
“Marti andiamo a prendere il chai!” disse Dario vedendo il pentolino che ribolliva nel negozio davanti a noi. Con la tazza bollente tra le dita mi tornò alla mente quella strana domanda che fece la ragazza dagli occhi neri. Mi dissi nuovamente che non avevo nessuna domanda esistenziale e sicuramente non ero lì per trovare me stessa. Capii, però, che l’India non aspetta nessuna domanda, lei si impone prepotentemente. Si hanno due opzioni davanti a sé: scappare a gambe levate o distruggere alcune convinzioni. Mi ritrovai inconsapevolmente a distruggere la mia presunzione, una distruzione positiva che mi ha insegnato a non soffermarmi sul brutto colore degli aquiloni se questi sono in grado di volare in alto.
Sorrisi a Dario e bevvi un sorso di chai.